sabato 8 dicembre 2012

territorio e comunità

Sono martino

vorrei condividere con voi una parte del mio contributo scritto al seminario organizzato dall'AMAP "Agricoltura di Montagna: l'abbandono e il ritorno" che si è tenuta alla Facoltà di Agraria il 30 Novembre scorso.

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Territorio e Comunità

Con il termine territorio intendiamo una complessa interazione tra ambiente società ecc. , da cui è difficile quanto sterile scindere le diverse componenti specie quando se ne vuole immaginare e progettare la gestione attiva.
Risulta però evidente che in un territorio, in particolare in quello rurale, esistono due principali driving forces: la popolazione e la componente naturale. Questa suddivisione risulta necessaria soprattutto perché queste due forze hanno spesso spinto in differenti direzioni o comunque verso diversi equilibri.
In particolare la componente naturale risulta in alcuni casi completamente subordinata alla prima soprattutto la dove l'uomo, grazie alla sua enorme disponibilità di energia fossile, ha lavorato in sua contrapposizione fin quasi ad annullarla (vedi i deserti artificiali creati dall'agricoltura intensiva).
La questione diventa più complicata se distinguiamo tra popolazione globale e popolazione locale. Per effetto della globalizzazione, infatti la popolazione locale può essere meno determinante di quella globale o in certi casi entrarvi in competizione (popolazione locale Vs popolazione globale) proprio come abbiamo visto per il caso precedente (natura Vs popolazione).
Si potrebbe osservare che la popolazione locale, essendo maggiormente legata (in alcuni casi intimamente) al sistema territoriale di riferimento, ne percepisce direttamente e maggiormente i condizionamenti i limiti ma anche la necessità di conservarne ed accrescerne risorse ed opportunità.
Se un tempo il meccanismo sopra descritto era sufficiente a garantire una gestione duratura (quantomeno a medio termine) del territorio, oggi è necessaria una maggiore consapevolezza per non incorrere in situazioni difficilmente reversibili se non disastrose.
Questa consapevolezza consiste da un lato nella conoscenza degli effetti dell'azione umana sul territorio a breve, medio e lungo periodo ma anche nella percezione del singolo come parte di una comunità che abita e vive un determinato territorio e delle responsabilità individuali e collettive che ne conseguono.
Pastorizia agricoltura e selvicoltura devono rispondere all’esigenza espressa e sentita della popolazione locale di manutenzione e miglioramento del territorio (in particolare in termini di equilibrio ecologico) e delle sue capacità di rispondere ai bisogni reali della comunità.
Se la comunità riconosce tale necessità si chiederà come sia possibile farlo al minor costo (economico ma più in generale energetico) possibile e in maniera duratura.
Se esistono i presupposti sopra citati è quindi necessario ricercare illustrare e dimostrare la funzionalità e l’economicità di una tecnica, una coltura ecc. piuttosto che di un altra, compito affidato ai tecnici e alle istituzioni di ricerca e formazione ,ma anche all'esperienza e all'osservazione quotidiana degli operatori.

Prendiamo il caso della pastorizia in zone montante e collinari.
Sarà senz'altro necessario dimostrare come del pascolo possa svolgere in maniera efficace la funzione di controllo della componente vegetale e della fertilità dei suoli e la sua maggiore efficienza rispetto ad altri metodi quali quelli che si avvalgono per esempio di mezzi meccanici.
Questo è un passo importante ma non sufficiente. Un elemento imprescindibile è infatti la consapevolezza da parte della comunità che non solo il pastore non può pagare per gestire e migliorare la terra ma se mai è la comunità a dover sostenere il pastore, chiaramente non a fondo perduto ma tramite il consumo dei suoi prodotti al giusto prezzo (ossia quello che li permette di svolgere in condizioni umane il ruolo che la comunità gli riconosce).
Se esiste come probabile una grande frammentazione fondiaria è fondamentale che l’amministrazione locale si muova in maniera tale da permettere forme di gestione associata facendo essa stessa da garante e promuovendo la pianificazione e il monitoraggio di tale attività.
Questi sono i presupposti per un economia di scambio reale dove però sono ben chiare e definite le parti e dove il pastore entra a pieno titolo e con un ruolo di rilievo all’interno di una comunità.

A conclusione di queste considerazioni la domanda è: esistono ancora comunità o è possibile facilitare la creazione di uno spirito/coscienza comunitaria la dove non c’è?

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forse l'agricoltura civica potrebbe essere una delle risposte a questa domanda

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